Lei ha i superpoteri

6 agosto 2018 Pensieri e parole

Il mio racconto tratto dal libro “Madri. Storie di Figli” (ottobre 2017). Un’antologia a cura di Elide Giordani che raccoglie i contributi di 51 fra scrittori, poeti e giornalisti romagnoli. Storie di madri, e di figli. Diverse fra loro, ma accomunate da un obiettivo: il restauro degli antichi codici conservati alla Biblioteca Malatestiana di Cesena.

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Mia madre, il giorno in cui ha scoperto di essere incinta, non poteva proprio credere che fosse possibile. Ha fatto il test di gravidanza quando era in dolce attesa già da due mesi, sicura che l’assenza del ciclo fosse dovuta ai sintomi di una menopausa precoce.
Mamma, quando sono nato io, aveva appena compiuto 37 anni. Ci ha sempre raccontato che sua zia aveva dovuto dire addio alla sua “florida giovinezza” ad appena 39 anni, per questo lei era convinta che fosse una patologia ereditaria. All’ottava settimana di ritardo, papà – gola secca, colorito cianotico, in iperventilazione – è andato in farmacia a comprare un test, minacciando mamma di farsi prendere da un infarto se non avesse messo subito fine al dubbio che da mesi era arrivato a turbare il loro ménage. Il risultato, vi lascio immaginare, è stato dei più scontati.

Non per mia madre, le cose non sono mai scontate quando si parla di lei, che è rimasta imperterrita nella sua convinzione per altre due settimane. “Non vorrai mica che quell’unica volta in due mesi in cui non eravamo troppo stanchi, o troppo brilli, o troppo impegnati con il lavoro, ci sono rimasta secca?”, si chiedeva tutti i giorni, mentre l’ansia si faceva largo nella sua mente. Una gravidanza? Era la cosa più assurda che le potesse capitare nella vita, su questo non ci sono dubbi. Cosa aveva, quindi? Forse nonna, medico di base oggi in pensione, poteva avere la risposta. “Ciao mamma, credo di essere malata”, ha esordito un giorno al telefono, sotto gli occhi increduli di papà. “Malata? Cosa ti senti?”. “Non ho il ciclo da più due mesi, il test di gravidanza è positivo, ma non perdiamoci nei dettagli. Se non è menopausa, che patologia può essere?”. “Ma non dire stupidaggini!”. Tu tu tu… Nonna, che è sempre stata un tipo molto pragmatico e di poche parole, le ha buttato giù il telefono.

Le donne incinta, si sa, per combattere le nausee gravidiche fanno ricorso ai rimedi naturali più svariati. Nei casi più fastidiosi, però, il medico prescrive un medicinale per combattere il senso di malessere. Mamma ha comprato tanto Gaviscon, durante la gravidanza. Mica per lei, cos’avete capito? Era per papà. Facilmente impressionabile e con una discreta tendenza all’ipocondria, mio padre, durante i nove mesi di attesa, ha sofferto di iper acidità allo stomaco. La crisi più acuta è scoppiata quando si trovavano alla Prenatal, a scegliere una culla per me. La pancia gli si era gonfiata talmente tanto che sembrava lui, quello “incinto”.
Lo stato di mamma, papà lo aveva metabolizzato così tanto – emotivamente e anche fisicamente – che un giorno ha deciso di rifarsi il guardaroba: jeans rigorosamente tutti di una taglia in più. Era convinto che anche i suoi fianchi si fossero allargati nel periodo pre-parto.

Il giorno in cui sono venuto alla luce – è proprio vero che un figlio ti cambia la vita – mio padre è diventato un altro uomo. Una roccia, davvero. Senza di lui mamma non ce l’avrebbe mai fatta a superare le 36 ore di travaglio… senza uccidere qualcuno! Proprio così, ho fatto sudare sette camice a mamma, nel momento della nascita. Trentasei per l’esattezza, se vogliamo contare tutte le ore di sudate fredde, di doglie e di improperi dei più fantasiosi, prima che i medici decidessero di farmi venire alla luce con un cesareo d’urgenza. Il momento più surreale di quell’interminabile notte di “passione” è stata l’entrata del cappellano dell’ospedale, che aveva sbagliato reparto. Doveva andare in pneumologia, Don Gino. Era sceso dall’ascensore un piano prima, imboccando il corridoio di ostetricia con il suo rosario fra le mani e quel passo esausto di chi, la propria vocazione, l’avrebbe già mandata in pensione da un bel pezzo. Naturalmente gli apparecchi acustici, con la batteria esausta quanto il loro proprietario, non avevano fatto il loro dovere, nascondendo il pianto dei nuovi pargoli venuti alla luce quella notte, che echeggiavano striduli lungo il corridoio. Era convinto di dare l’estrema unzione a un paziente, Don Gino, quando si è affacciato nella stanza e, di fronte agli occhi increduli di papà e allo sguardo tra l’esterrefatto e il disperato di mamma, ha iniziato a recitare l’Eterno riposo. Quella notte, Don Gino, è stato spedito alla rottamazione, così come i suoi apparecchi acustici.

Mia madre, in maternità, non si è mai presa una pausa completa dal lavoro. A dirla tutta, la maternità nemmeno ce l’ha avuta. Mamma è una libera professionista. Laureata in biologia, ma con una vocazione per le discipline umanistiche, ha finito per lavorare come ufficio stampa per un’importante azienda agroalimentare. Dopo otto anni di precariato con contratti a progetto rinnovati (non si capisce poi bene con quale espediente) ogni 365 giorni, due anni fa ha deciso di fare il salto… in picchiata a testa in giù per una scogliera! L’alternativa alla sua brillante carriera è stata infatti quella aprire una partita Iva. Ovvero, addio a ogni tipo di beneficio e di previdenza.
Il primo acquisto che i miei genitori hanno fatto, quando sono nato, è stato un marsupio porta bebè. Mamma lo usa quando lavora, mi insacca dentro e se ne sta davanti al computer a scrivere i suoi comunicati, a fare telefonate e a inviare mail. Finché non piango naturalmente. Cosa che, lei dice, succede sempre nei momenti meno opportuni.
L’ultima volta è accaduto mentre era al telefono con un giornalista economico del Sole 24 Ore. Dopo settimane di mail ruffiane, mamma era riuscita a strappargli lo spazio per una breve notizia sul nuovo stabilimento inaugurato dalla sua azienda. Si stavano accordando per l’intervista al direttore, quando io ho iniziato a piangere come un disperato. Dopo qualche minuto di vana discussione telefonica, il rampante giornalista ha riagganciato piuttosto seccato.
Mamma, nel frattempo, si era sfilata il marsupio e mi aveva issato in groppa a Spot, il nostro cane, un peloso sornione che è sulla strada della beatificazione, da quando io ho iniziato a interagire con lui. Mamma lo sta addestrando come “baby-dog-sitter”: un po’ come Nana, il San Bernardo di Peter Pan, avete presente il cartone animato Disney?
Inutile dire che l’articolo, sul Sole 24 Ore, non é stato mai pubblicato.

Mia madre un giorno ha minacciato di lasciare mio padre. Io ero nel passeggino, pronto per uscire, mentre lei faceva la valigia buttando alla rinfusa le prime cose che trovava dentro l’armadio, quando papà è rientrato dall’ufficio. Non ho mai capito quale fosse il vero motivo del loro furioso litigio, ho sentito solo mamma gridare le parole “community”, “Facebook”, “Desperate Housemoms”, “gruppo dei miei stivali”. Mentre chiudeva la valigia, ha detto a mio padre che lei aveva di meglio da fare che passare la serata a parlare solo ed esclusivamente di pappe e pannolini, con madri “disperate ed esaurite, anche”. Ha anche aggiunto, prima di perdonare papà, che se il prezzo per la sua promozione era che le consorti, sua e del suo capo, socializzassero fra di loro, allora poteva anche licenziarsi.

Mamma questa sera era in fibrillazione quando è uscita di casa, per una serata fra amiche. Sul calendario la data di oggi è segnata dal giorno in cui siamo usciti dall’ospedale: “Gin Tonic Day”. Voi sapete cosa vuol dire? Credo sia una di quelle cose che fanno le mamme, tipo “corso massaggio neonatale”, “babyfitness” o “giornata inserimento al nido”. Io so solo che, da qualche giorno, mamma non mi allatta più al seno. Ha iniziato a imboccarmi con un cucchiaio, rifilandomi questa roba verdastra che non mi fa propriamente impazzire…
Comunque, dicevo, oggi mamma era molto felice di vedere le zie. Voi lo sapete che io ho tante zie? Non mi intendo ancora molto di gradi di parentela, ma so che mamma, con alcune di loro, era compagna di banco al liceo. Questa sera devono avere chiacchierato proprio a lungo dei tempi della scuola, perché mamma è tornata a casa molto più tardi del solito. E non aveva affatto quell’espressione annoiata e riluttante di quando era rientrata dalla serata Desperate Housemoms. Tutt’altro, papà l’ha trovata seduta in terra cucina, mentre rideva parlando con Spot. “Se respiri ancora in faccia a quel povero cane, gli fai i colpi di sole”, le ha detto.
Chissà cosa voleva dire? Forse mamma oggi ha sviluppato i superpoteri? Papà ha aiutato mamma a rialzarsi, e tenendola per mano l’ha trascinata verso la camera da letto. Ma mamma, che non ne voleva proprio sapere di dormire, si è fermata in salotto e si è diretta verso il giradischi, con passo barcollante. Dopo avere frugato per un po’ tra i vinili di papà, ha messo sul piatto un 45 giri dei Beatles.

Com’è finita la nostra piccola avventura casalinga? Alle due di notte ci siamo messi a ballare in salotto insieme a Spot, sulle note di “All my loving”. È la canzone con cui i mei genitori si sono conosciuti, in spiaggia. Papà (anche lui, quella sera, doveva avere un po’ di superpoteri) l’ha dedicata a mamma, gliel’ha cantata imbracciando la chitarra mentre lei lavorava al bancone di un bar. Si erano conosciuti da appena cinque minuti… Ma è stato il cosiddetto amore a prima vista!
Quando mamma si è messa a ballare in salotto, questa notte, papà aveva uno sguardo tra lo sconcertato e il preoccupato, ma a un certo punto si è fatto trascinare dall’ilarità del momento (ve l’ho detto, sono i superpoteri!) e siamo finiti tutti e quattro, Spot compreso, sul divano, a ridere come dei matti. Finché non ci siamo addormentati, “felici e contenti”, come si chiudono le favole che la nonna mi legge sempre prima di andare a letto.

Mamma non si arrabbia quasi mai con me. Piuttosto litiga con papà o si sfoga con la nonna, ma con me è sempre amorevole e paziente. Oggi però devo averla fatta grossa, perché non avevo mai visto così tanto disappunto nei suoi occhi. Il pediatra ha detto a mamma che devo imparare a mangiare un po’ di tutto e io l’ho preso in parola! Evidentemente, però, le crocchette di Spot non sono comprese nella mia nuova dieta… Mamma mi ha infilato due dita in gola quando si è accorta che le stavo assaggiando. E poi mi ha sgridato, non aveva mai usato quel tono con me. Io sono molto dispiaciuto ora, mi sono messo anche a piangere. Ma spiegatemi una cosa: se Spot mangia quello che resta delle mie pappe, perché io non posso mangiare le sue crocchette (che, tra l’altro, sono pure più gustose di quegli intrugli verdastri che mi rifilano ultimamente)? In fondo, dividiamo tutto… Dormiamo insieme nel lettone, con mamma e papà, in auto Spot resta seduto accanto a me per tutto il tragitto, giochiamo insieme, ogni tanto lo scambio per il mio cavallo a dondolo e lui si arrabbia un po’, ma facciamo subito pace. Io allora lo abbraccio stretto stretto e lui mi dà tanti baci sul viso e sulle manine.

Mamma mi ha insegnato che devo amare e rispettare gli animali, perché sono i nostri migliori amici. Spot è molto di più che un amico. È come Nana di Peter Pan, come vi ho già detto. Veglia sempre su di me e se qualche sconosciuto si azzarda ad avvicinarsi troppo, lui abbaia come un matto. Mi protegge, dice papà.
Nel tardo pomeriggio, quando mamma finisce di lavorare, andiamo tutti e tre insieme al parco, a giocare. Lungo la strada ci sono tanti alberi. Il mio gioco preferito è baciare il tronco di questi giganti verdi, uno per uno. Anche gli alberi sono nostri amici, lo sapevate? Mamma dice che anche loro vanno rispettati, così come tutta la natura che c’è intorno a noi.

Mia madre? È un supereroe, anzi, una supereroina. Sa essere mamma, compagna, amante, figlia, donna in carriera, sorella, amica, perfino anche un po’ bambina. Ogni tanto, la sera, si chiude in camera, e piange. La sento mormorare fra i singhiozzi “Non ce la faccio più”, “non ce la posso fare”. Ma non sono mica preoccupato.
Mia madre, come vi ho già detto, ha i superpoteri. E riesce sempre ad aggiustare ogni cosa. I miei giocattoli, ma anche le cose che, di tanto in tanto, si rompono in quel lungo e a volte tortuoso percorso che è la vita. Quando riapre la porta e torna da noi, dopo essersi ricomposta, io lo vedo nei suoi occhi che ha fatto una nuova magia. Ogni volta, quando esce dalla stanza, porta in mano un pezzetto nuovo di cuore. Da regalare a me, e a papà.

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Dedicato a Giorgia, Silvia, Alice, Deborah e a tutte le mie amiche neomamme con i contro attributi. Loro sì, che hanno davvero i superpoteri.